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con giurisdizioni speciali: praetores aerarii, praetor tutelaris, praetor hastarius (1).

Il Diritto Romano racchiude poche disposizioni sulla materia del Diritto Internazionale Privato. Sotto la Repubblica, quando il Pretore giudicava fra sudditi di Stati che Roma assorbiva gradualmente, egli aveva in vista, non di stabilire regole per l'applicazione della legge. di uno Stato determinato al caso che gli era sottomesso, ma di formare, prendendo ciò che era comune alle diverse legislazioni nazionali, un Codice di leggi applicabili in simili casi. Era il jus gentium che s'identificò più tardi col Ius naturale e col quale il Diritto Romano stesso fu condotto ad una conformità sempre più stretta, grazie agli sforzi di numerose generazioni successive di magistrati e di giureconsulti.

Itaque majores aliud jus gentium aliud jus civile voluerunt. Quod << civile non item continuo gentium: quod autem gentium idem civile « esse debet » (2). Era naturale che, quando due individui sottoposti a due leggi nazionali dei loro Stati contraevano vincoli giuridici, si osservassero le forme di ragione comuni ad entrambi e non già le forme rigorose del diritto nazionale di uno tra essi. Tra differenti «jura civilia delle varie città, il Ius Gentium ebbe una piena prevalenza. Siccome i Romani non ritoglievano ai popoli conquistati le patrie leggi e le costumanze giuridiche e si contentavano di assoggettarli alla loro Sovranità politica ed alle parti essenziali del loro diritto pubblico, si dovevano naturalmente formare con le occasioni certe regole per risolvere i conflitti che potessero nascere tra codeste legislazioni, ovvero tra alcune di esse ed il diritto del Popolo Romano. Tali controversie erano certamente deferite ai Pretori peregrini, i quali giudicavano secondo il diritto delle genti. I loro editti interessavano più gli stranieri, che i cittadini Romani ed andavano perduti. Differenze nella legislazione non continuarono meno a sussistere sotto l'Impero; parecchie fra esse presero posto nell' Editto provinciale e nei trattati che gli furono consacrati. Ma andarono perdendo ogni interesse dopochè la comunicazione della cittadinanza e del diritto di Roma fu accordata dalla Lex Julia a tutta l'Italia e da Caracalla a tutti i popoli dell'Impero. I Compilatori del Codice di Giustiniano stimarono che non sussistesse più l'utilità pratica di quelle antiche regole sufficiente. a farle in esso inserire. Le Pandette ne conservarono soltanto alcuni frammenti a riguardo della forza obbligatoria dei costumi locali.

Cosi si spiega la rarità delle disposizioni relative a questa materia nelle fonti del Diritto Romano.

Sotto l'Impero si ebbe una giurisdizione speciale dei commercianti e degli artigiani.

Da tempi antichi la cognizione delle contestazioni in materia di

(1) Dio C. LIII. 32; Tacit. St. IV. 9. Cepitol. M. Aurel; 10; Dig. I. 2. 2. 32. (2) Cic.: De off. III. 17.

commercio era devoluta al Collegio dei commercianti (Collegium mercatorum, 259 anni. u. c.). I membri erano appellati mercuriales, perchè il luogo in cui essi si riunivano era vicino al tempio diMercurio, protettore del commercio. Questo collegio nella sua prima istituzione si occupò soltanto del commercio interno, più tardi abbracciò il commercio esterno (1).

L'Imperatore Claudio (41-54) accordò ai commercianti di Cadice il privilegio di nominare una specie di Magistrati, per esentarli dalla Giurisdizione dei Tribunali stabiliti da Cesare nella Betica, contrada spagnuola, che oggi abbraccia l'Andalusia, una parte del Regno di Granata ed una parte della Estramadura (2).

Sotto l'Impero, in tutte le contrade eravi un Giudice o un tribunale speciale per gli artigiani e pei commercianti.

Un rescritto dell'Imperatore Anastasia (491-518) proibi agl'individui di queste due classi di sottrarsi alla Giurisdizione, che era stata stabilita per esso loro (3).

Le istituzioni protettrici del commercio e delle industrie sopravvissero alla decadenza dell'Impero di Occidente. Durante il regno di Teodosio il Grande (379-395) e di Onorio (398-425), vennero istituiti Magistrati incaricati di pronunciarsi sui sinistri di mare e sui salvataggi, con ingiunzione di rendere sentenze in pubblico: « levato velo, causas subversarum navium cognosci praecipit » (4).

Durante l'intervallo di quattro secoli dell'Impero d'Occidente la miseria ed il servaggio avevano interrotto il corso degli affari commerciali. Ma è certo che le assicurazioni, il prestito a cambio marittimo e le transazioni relative ai pericoli della navigazione si moltiplicarono in proporzione dei danni occasionati dalla pirateria e dai flagelli che le invasioni barbariche portavano come loro seguito (5). La legge civile di Costantino era oppressiva del commercio (6); i diritti atroci di albinaggio e di naufragio, in tempi in cui le piagge del Mediterraneo erano infestate da ladroni di ogni sorta, avevano ostacolata la navigazione ed inceppate le relazioni pacifiche tra persone lontane. Laonde gli Editti di Teodosio e di Onorio annunziavano che cominciava un nuovo ordine di cose (7); e risorgendo il Commercio, sulle tracce delle antiche istituzioni a favore degli stranieri e dei commercianti sarebbero sorte istituzioni novelle.

(1) Huet. Histoire du commerce.

(2) Peuchet: Dict. de geogr. commerciale. T. III. p. 745, artic. Espagne. Boucher: Consulat de la mer. T. ILII. Ch. XIII. p. 217. Pardessus : Collection. T. I. Ch. III. p. 81.

(3) Waraen: Origine des etablissements consulaires, p. 28. trad. francese. (4) Quae mercimoniis publice praefuit L. I. cod. de nat. liberis.

(5) Montesquieu: Esprit des lois. Liv. XXI. Ch. XVII.

(6) Lex. ult. Cod. de iurisdict. omnium iudicum.

(7) Cod. Theod. de naufragiis. 1-6. Marquardus: De iure mercatorum. Lib. III. C. VII.

·LIBRO SECONDO

Lo stabilimento dei Consolati nel Medio Evo

CAPO I.

Il cristianesimo e la sua influenza nello sviluppo
del Diritto Internazionale.

L'impero Romano ruinava; e sopra le sue ruine innalzavasi il Cri

stianesimo.

Presentatosi il Cristianesimo nelle sue origini come una logica deduzione della Filosofia stoica antica, il passaggio da uno stato di vivere sociale ad un altro avvenne senza rivoluzione apparente, in virtù di necessità latenti, che presiedevano alla dissoluzione del vecchio mondo ed alla rinnovazione della società, come succede in ogni organismo individuale. Non vi fu urto, non vi furono scosse; la società cristiana s'infiltrava poco a poco nella società pagana e l'assorbiva; quel mondo in dissoluzione aveva bisogno di rinfrancarsi in un ambiente morale, che bandisse come precetto la pietà, aveva bisogno di miti, che offrissero buoni esempi suscettibili di essere imitati; e la nuova religione si presentava a soddisfare questo bisogno, infondendo le idee consolanti di una vita avvenire, di un regno dei cieli, le promesse vaghe di un bene indefinito, le speranze di un guiderdone largito da un giudice supremo; e spandendo la sua dottrina in modo a tutti accessibile. Senza inalberare alcun vessillo di rivoluzione, il Cristianesimo s'infiltrava nei cuori a compiere una rivoluzione morale. La morte di Socrate fu epica; la morte di Cristo fu lirica; e l'opera dei seguaci del Cristianesimo, dei primitivi credenti, dei neofiti cristiani era appunto esuberante di lirismo; anche perseguitati, essi si rassegnavano ad essere vittime, si piegavano volontieri ad un martirologio compiuto per l'affermazione di una grande fede individuale, convinto ciascuno della verità di quelle parole annunziate dal latore della nuova legge : « Post fata resurgo, veniam ad dexteram Potentiae». E di questo passo il cristianesimo conquistava quell' antico

mondo, che si prestava così agevolmente ad essere conquistato coi mezzi morali, in un'epoca, in cui Imperatori virtuosi, come Nervo, Antonino, Adriano, Marco Aurelio, cercavano galvanizzare la vecchia società, ammalata, anemica, snervata, instaurando un Impero filosofico nell'Impero politico e militare agonizzante.

Fu un movimento di evoluzione più che di rivoluzione, in conformità delle leggi, che imperano nello sviluppo progressivo dell' Umanità. Il tempo è nella storia quello che è lo spazio nella natura. La vita delle istituzioni, così come la vita di un organismo fisico, è soggetta alla legge del tempo, così come a quella dello spazio. Una istituzione giovane, ricca di una potente vitalità di elementi non ancora logori, anche debole, si mantiene salda contro l'urto delle forze riluttanti e sopravvive a qualsiasi ostacolo e grandeggia sul suo piedistallo. La Repubblica Romana prostrata dai Galli e dai Cartaginesi, rifulse sempre di nuovo splendore. Se Brenno riscuotendo l'oro dei Romani ardisce di gettare la spada nella bilancia come per insulto ai vinti, Camillo può ben gridare che Roma si libera col sangue e non con le ricchezze. Se Annibale vince a Canne, Scipione trionfa a Zama. Se i Cimbri ed i Teutoni invadono il suolo italico, Mario li spinge nei loro confini, li sparpaglia, li distrugge. Immezzo ai disastri delle guerre, Roma si teneva salda, perchè animata dalla scintilla del patriottismo e dalla sacra fiamma della libertà popolare. La Repubblica romana cadde per contrario, quando venne a spegnersi il sentimento dell'antica grandezza, quando la vita latina fu logora per trasmodanza di potere nei Patrizii e per sentimento pretorio cresciuto nel Popolo; la vita latina, repubblicana di nome, oligarchica di contenuto, reclamava I'Imperium unius.

Bruto e Cassio cercarono puntellare la decrepita Repubblica con la morte di Cesare; ma Roma invocava Augusto, Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone; e, consumata la Casa Giulia, mostrava che avrebbe sopportato Galba. Finalmente Roma latina cadde, quando pervenne a tale situazione da offrire materia ad un quadro deplorevole dipinto da Tacito :

« Neque provinciae illum rerum statum abnuebant, suspecto senatus populique imperio ob certamina potentium et avaritiam magistratuum, invalido legum auxilio, quae vi, ambitu postremo pecunia turbabantur ».

Senatus populusque romanus-Ecco la formola dell'antica grandezza. Ma l'aquila latina aveva perduto il volo; il Senato in servituum ruebat; il popolo gridava « panem et circenses » e Roma non poteva più arrestarsi sulla via della decadedza.

Come vissero fra loro, allorchè si trovarono di fronte, Roma latina e Roma cristiana? Come avvenne la sostituzione di questa alla prima ? Da un lato la società cristiana, scissa già in piccole sette, ma con tutto ciò agente come un corrosivo sulla società romana, che essa invadeva e scalzava ogni giorno, e sempre più viva e più intrapren

dente per le persecuzioni e pel sanguinoso flagello del martirio; dall'altro lato il mondo romano, che ancora si drappeggiava col mondo classico, circondato dalla maestà del passato, ancora solido nel suo esercito, questo mondo che lentamente elaborava nel suo seno una evoluzione sostituendo il politeismo già putrido alla Filosofia, opponendo al cristianesimo dei poveri e dei servi lo stoicismo degl'imperatori e dei filosofl, ma prossimo a cedere alle pressioni delle turbe nordiche, e, per la sua estensione, condannato a spezzarsi in frammenti che il nuovo culto dovrà raccogliere e rianimare.

Con gli ultimi tempi dell'Impero romano, il Cristianesimo compiva la trasformazione morale; nel corso del Medio Evo, esso operò un movimento politico; la prima fu fatta dalle libere associazioni dei cristiani; il secondo dalla Chiesa di Roma; con quella si era segnalata la prima fase della evoluzione della nuova civiltà, che si compendiava nel Cristianesimo militante; con l'altro, si segnò la seconda fase, che si compendiò nel Cattolicismo imperante; l'una ha martiri, l'altro ha persecutori; l'una genera l' eremita ed il manasnadiero, il cavaliere errante ed il capitano di ventura, l'altro il gesuita; l'una dà i Monasteri, l'altro la Inquisizione e la Santa Alleanza; l'una comincia da Cristo e si compendia nel sacrifizio della vita individuale in olocausto della nuova Legge; l'altro comincia dal Pontefice, che riduce la Legge alla volontà emanante da una persona infallibile imperante sul mondo cattolico. E nel Medio Evo questa evoluzione potè affermarsi in tutto il suo vigore; e la Chiesa cattolica potè compiere i suoi maggiori trionfi, perchè nel seno dell'Europa sconvolta da feroci passioni e da fatti violenti essa rappresentò nel Medio Evo le aspirazioni generose dell'anima umana, rappresentò l'idea del Diritto e potè senza ostacoli occupare un territorio, su cui appalesarsi come organo del Diritto ed affermarsi naturalmente come Stato, piccolo per estensione di territorio, smisurato per influenza morale. E questa influenza era nei costumi, negli usi della vita, negl' istituti giuridici, nell'ordinamento interno degli Stati, nelle relazioni internazionali.

Il Cristianesimo prese dal mondo romano l'Ideale dell'Unità del genere Umano; Roma proclamò l'Unità in nome della Politica; il Cristianesimo in nome della Fede; ed anche in questa seconda Epoca il centro era la stessa Roma, sede del Papato, come prima era stata la sede dell' Impero.

Tu (ecclesia) cives civibus, gentes gentibus, et prorsus homines primorum parentum recordatione non societate tantum, sed quadam fraternitate coniungis» (1).

Tutto il mondo doveva formare una sola Repubblica :

« Unam omnium rempublicam agnoscimus, mundum »> (2).

(1) August: De Moribus eccles. cath. 33.

(2) Tertulliano. Apol. 39.

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